Crostata alta alla vaniglia con marmellata da succo di albicocche bio

L'altro giorno ero in neuropsichiatria per una riunione di lavoro. Dall'ambulatorio della fisioterapista si affaccia sulla sala d'aspetto un bimbo che avrà avuto poco meno dell'età di mia figlia. Cammina con un tutore. I suoi piccoli piedi legati a cinture di velcro, le sue manine stringono delle manopole su cui si fa forza per spingersi avanti con le rotelle, il suo sederino si appoggia ad una seduta imbrigliata alla struttura di questo carrellino. In un giorno qualunque, in un posto qualunque, il mondo si ferma. Piccole gambe si piegano su se stesse, la schiena si inarca per lo sforzo, l'occhio si spalanca e guarda fisso alla metà. Inizia a camminare. Dall'altra parte due occhi lo aspettano, due braccia lo desiderano e due gambe potrebbero cedere all'emozione. I due si intercettano, si sorridono, si sfidano. La sfida di chi ha il sorriso più grande, la sfida di chi ha l'amore più grande. L'amore di un padre, che forse dalla vita si aspettava qualcos'altro, che forse sognava un bimbo con cui giocare a pallone nel campetto del quartiere, il sogno di una chiave inglese per svitare le rotelle ad una bicicletta che non ci sarà mai, la voglia di aspettare su una sedia della cucina alla luce fioca della cappa un ritardo del figlio il sabato sera, il desiderio di abbracciare una nuora che non incontrerà mai. L'amore di un bimbo che non sa cosa sia la normalità, lui che ha conosciuto solo una vita in salita e per di più a rotelle, lui che trasforma cinghie, corde e velcro da catene a propulsori per compiere solo qualche passo in avanti, verso un padre che lo guarda come se non avesse mai visto nulla di così meraviglioso in vita sua. Noi in un corridoio, spettatori muti e ammutoliti, osserviamo la vita che spesso ci offre delle risposte ancora prima di avere delle domande.

Cosa c'entra questo con una crostata? Bo. Non lo so, forse nelle cose più semplici, banali, ordinarie e inaspettate si trova il senso delle cose più complesse, uniche e straordinarie. Nella vita come nella crostata, credo. Altrimenti che mondo sarebbe se una crostata fosse solo una crostata e un tutore solo un tutore?

Impasto
300g farina
100g burro
100g zucchero
2 uova
1/2 bustina di lievito per dolci
La scorza grattugiata di un limone non trattato
I semi di mezza bacca di vaniglia

Per la marmellata di succo bio di albicocche
375 ml di succo di albicocche bio
100g zucchero semolato
1 bustina di fruttapec 2:1
Un cucchiaio di Succo di limone 

Iniziamo con l'impasto. Unite farina e burro tagliato a tocchetti  e amalgateli in modo da impermeabilizzare il burro. Aggiungete lo zucchero ed il lievito. Unite la scorza grattugiata del limone, la vaniglia e per ultime le uova. Non inserite il secondo uovo finché non si sarà assorbito il primo. Tutti questi passaggi vanno fatti con l'impastatrice alla velocità minima. Fate una palla e mettetela a riposare in frigo avvolta da pellicola per 30 minuti.

Preparate la marmellata. Prendete il succo e mettetelo nella pentola assieme allo zucchero, a metà del contenuto della busta di fruttapec e al succo di limone ( aiuta a gelatificare). Portate a bollore e fate bollire per circa 3 minuti. Fate una prova della consistenza facendo raffreddare un po' di composta su di una superficie. Se il grado di consistenza vi soddisfa spegnete e lasciate intiepidire. 

Prendete l'impasto e stendetelo a mano in una teglia imburrata ed infarinata. Fate i bordi. Bucherellate con una forchetta. Versatevi la composta di succo e decorate a piacere. Infornate per 20/25 minuti a 170 gradi. 

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